una storia di anarchia

Quando facevo la maestra andavamo spesso in giro per il quartiere intorno alla scuola, con un pretesto o un altro, tanto comunque c’era sempre qualche cosa su cui indagare e tanto da imparare.

In uno di questi giri incontrammo l’indicazione della Via R.Frezzi e i ragazzi mi chiesero chi fosse stato. Ne venne fuori una “indagine” su: “a chi si chiede?” . Risposta: al Comune! Lettera, attesa, risposta telefonica un po’ imbarazzata, a me ” Era un bombarolo, un anarchico” Ai ragazzi che avevano 8/9 anni raccontai una verità meno faziosa e passammo ad altri interrogativi. Anni dopo sono venuta ad abitare proprio diffronte alla tabella che indica Via Frezzi e questa mattina sono stata incuriosita da qualcosa di insolito: alla targa é stato legato un mazzo di garofani rossi legati con un bel nastro con la dicitura “Gli Anarchici di Jesi”. Da anni ormai i garofani rossi non si usano più e la cosa mi ha molto incuriosito.

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Gli anarchici jesini ancora esistono e sono attivi, proprio in questo periodo è aperta la loro mostra annuale dell’editoria libertaria ma è la prima volta che vedo un omaggio floreale ad uno dei loro caduti così sono andata a cercare nella benemerita Wikipedia (che sempre sia lodata e magari anche sostenuta con qualche euro) e ho scoperto così che non era affatto un “bombarolo” ma che è morto perché era anarchico e aveva una fotografia che lo ritraeva in un gruppo dove c’éra anche Acciarito, l’attentatore di Umberto I°.  Morì dopo l’arresto e la polizia, dopo aver sostenuto che si era suicidato dando testate nel muro (!!!),  affermò che si era gettato dalla finestra. L’autopsia trovò ben altro come si racconta qui dove tra l’altro si ricorda la somiglianza con il caso Pinelli.

Mi dispiace di non poter raccontare ai miei alunni di allora quella verità che allora non sapevo e non potevo cercare su wiki…

GAROFANO

 

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