Delle volte quando penso agli episodi della mia infanzia che mi sono rimasti impressi ho la sensazione di avere la sindrome di Davide Copperfield, tanto mi sembrano adesso lacrimevoli e drammatiche le situazioni nelle quali ho vissuto da bambina e da ragazzina.
Invece no, erano proprio così, niente di inventato o drammatizzato, piuttosto mi colpisce il fatto che allora non mi sentivo una sfigata, mi sembravano abbastanza normali, e certamente c’era chi stava peggio.
Soprattutto la fatica che facevo a vivere mi confermava in quell’atteggiamento che mi ha poi accompagnato fin qui e che spesso ricordo alle mie figlie e che si può sintetizzare nel motto
“COMUNQUE NON MI AVRANNO”
Che insomma vuol dire che non ci si deve piangere addosso.
Dopo questa premessa ecco il ricordo della prima sera in collegio.
Avevo 14 anni, venivo da un paesino sperduto dell’Appennino romagnolo e per la prima volta andavo a vivere lontano dalla famiglia, in una grande città (o almeno tale mi sembrava Forlì) , alla vigilia di entrare in una scuola superiore che metteva soggezione.
In sostanza ero intimidita e preoccupata.
Si scende in sala da pranzo per la cena: un grande salone spoglio, con lunghi tavoli attorno e al centro, per più di settanta coperti.
Sui tavoli i piatti e dentro due mezze fette di mortadella, due trasparenti fette di salame, un formaggino e un cucchiaio di puré.
Ognuno di noi in piedi dietro la propria sedia, in attesa del via che avrebbe dovuto dare la suora.
Io osservo e nella mia grande ingenuità esclamo
“Bell’antipasto!”
La ragazza mia dirimpettaia ribatte
“Antipasto? Questa é la cena!”
Io sbarro gli occhi e lei:
“E’ la cena di tre sere la settimana”
Sconcertata alzo gli occhi e leggo, sopra il passa vivande, una scritta come ce ne erano tante in giro per il collegio: questa diceva DIO TI VEDE
e io: ” Si, ma certo non si invita!”
La suora che aspettava di dare il via alla preghiera di ringraziamento e poi alla cena mi ha sentito e per gli anni successivi non lo ha dimenticato.
Splendidi ricordi, splendido modo di raccontarli.
Alcune volte le frasi di chiesa sembrano davvero sbeffeggiarti… senza parlare poi della misericordia e capacità di comprensione di alcuni ecclesiastici. Ne ho visti alcuni che dall’espressione lasciano intendere di non aver mai preso un caffè zuccherato in vita loro.
Mi chiedo se abbiano mai riso.
Chissà come lo vivi tu questo ricordo, ora. Ma con questo tuo scritto emergono pure i miei.
Non collegio, ma ritiro spirituale…stessa età, stesso scenario, e tanta voglia di fuggire.
E’ stata comunque un’esperienza che mi ha fatto capire molte cose. Oggi da adulta il mio pensiero va a chi tutti i giorni deve fare i conti con realtà come questa e anche peggio.
Hai ragione, mai piangersi addosso ma costruire sulle proprie storie passate, belle o brutte che siano. Quando si ha la fortuna di poterlo fare.
Ciao 🙂
Lo dicevo io che suggerisco la sindrome di Davide Copperfield!
Adesso é un ricordo, comunque prezioso e se é rimasto nella mia mente deve pur essere perché qualcosa ha costruito, é parte della mia personalità.
Grazie dell’attenzione
A notimetolose: grazie gradisco particolarmente il tuo apprezzamento anche vista la diversità dei rispettivi temi.
Dubito che tu abbia letto i miei 5 anni di blog per notare eventuali differenze di temi ma va bene così. Rimane un’ottima scrittura la tua.
Ancora per notimetolose: lo sapevo, lo sapevo che essendo nuova dell’ambiente avrei sbagliato qualcosa! Un bel tacer…
Spero scuserai la mia goffaggine e … complimenti anche per la classe inossidabile.