Era l’inizio degli anni ’70 del millenovecento nell’Appennino centrale e avrebbe potuto essere secoli prima per come vivevano i miei alunni; intanto di quei 12 bambini nessuno aveva mai visto il mare e pensare che io arrivavo ogni giorno dalla costa.
Mi chiedevano spesso di raccontarlo, il mare, e di raccontare la città da dove venivo… Nessuna storia o favola riscuoteva più attenzione di quella realtà desiderata e sconosciuta.
Io avevo bisogno di capire come vivevano, ragionavano, la mia pedagogia nuova mi suggeriva di farli parlare; durante una delle chiacchierate il gruppetto di bambini di seconda elementare , che erano in quattro, tirano fuori un quaderno e si mettono a scrivere qualcosa.
Chiedo cosa stiano facendo e la più sveglia e volitiva, Marilena, mi dice: “Siccome voi state a chiacchierà noialtri per non perde tempo intanto facciamo un po’ di compito”
“Ma che compito scusa, la maestra sono io e non vi ho dato niente da fare” ” Ci ha pensato Marilena, ha dettato le operazioni” alla faccia della maestra perditempo.
Sono sicura che quei bambini serii sono diventati quelle persone perbene che erano già.