duello a suon di musica

Fino a qualche anno fa una strada del centro storico di XJ, dove abito, era il terreno sul quale si sfidavano due concezioni del mondo.
Sembra un’esagerazione, ma forse non lo é.
I protagonisti erano due diciamo “zitelli”  quaranta-cinquantenni che erano diversi in tutto ed erano ferocemente decisi a fare di queste diversità una bandiera e una ragione identitaria.
Uno dei due,  fisicamente  poco attraente, aveva un negozietto di mercerie, angusto e poco frequentato.
Insomma era un membro della classe popolare anche un po’ sfigata ed aveva una passione sconfinata per la musica da balera, per il liscio.
L’altro protagonista era l’ultimo rampollo di una famiglia nobile, ultima costola niente meno che della famiglia Vespucci, si diceva.
Viveva nel palazzo di famiglia, cadente, in cui gli arredi erano stati venduti (il Comune, per salvare qualcosa, in cambio della proprietà del Palazzo aveva dato un vitalizio alla famiglia che così non rischiava più la fame).
Il nobile Attone Vespucci era un originale, molto originale!
Ed un appassionato di pittura moderna astratta; dipingeva cose spesso inguardabili, ma nei giorni felici ha dipinto anche qualcosa di bello, alla Pollock.
Ed era un patito di rock.
I due “zitelli” si fronteggiavano, uno dalla sua botteguccia e l’altro dal mezzanino del palazzo avito diffronte: ognuno dei due era dotato di un potente impianto stereo col quale effettuavano i duelli rusticani a colpi di decibel.
Sparavano a tutto volume uno i suoi Casadei, Romagna mia, cumparsita… e l’altro i suoi Elvis, Platters, Little Richard, cercando ognuno di sopraffare l’altro.
Un inferno per chi si trovava a passare nella strada stretta che fungeva da cassa armonica…
Finchè i vigili arrivavano a dare un po’ di tregua e a sospendere il duello che si sarebbe riacceso poco dopo..
L’eterno conflitto fra conservazione e innovazione, passato e futuro, miseria e nobiltà..
Però che originale il duello a suon di musica!

Bologna-Torino 3 a 0

Anni ’80 a Torino per motivi sindacali.
Bar al Lingotto praticamente di fronte alla fabbrica, avventori e barista stanno parlando in italiano quando entro.
Appena parlo io che vengo da sud del Po si mettono a parlare in torinese.
Rispetto ai dialetti sono  poliglotta e capisco lo stesso.
Racconto l’episodio come un esempio della freddezza dei torinesi e della loro chiusura anti-meridionali ai miei colleghi, torinesi,  del sindacato…
“…. non é razzismo,…. é normale,….. perché tu sei abituata alla provincia…”
“A Bologna che non é un paesino di provincia, non succede!” dichiaro, anzi “Se a Bologna entri in qualunque  locale pubblico il gestore parla con te, ti dice qualcosa al di fuori del rapporto commerciale”
Sono increduli:  finiamo per riprometterci di verificare alla prossima occasione.
Quando succede entriamo in successione in tre negozi e in ciascuno il gestore fa un commento o dice una battuta diretta a me..
Si arrendono, non vogliono ulteriori prove.
Per affabilità e calore umano Bologna-Torino 3 a 0, almeno allora.