Tonino Guerra e me

locandina-amarcord-federico-fellini.jpgIo e Tonino Guerra siamo nati nello stesso paese: Santarcangelo di Romagna

A me era sembrato evidente quando, cinquant’anni fa uscì Amarcord : é stato evidente per me che il suo dialetto era il mio e lì al cinema ho capito che oltre al dialetto avevamo in comune anche i ricordi.

Quando all’improvviso nel film il bianco e nero vira in seppia e l’azione si trasferisce nell’infanzia di Fellini si mettono a parlare in dialetto, con i bambini che saltano sul letto e uno ripete  una filastrocca … “Asanisimasa” io sono rimasta come folgorata dalle immagini che erano quelle che inconsapevolmente mi portavo dentro da sempre e Fellini aveva filmato la mia memoria.

Quando é uscito il film vivevo in un’altra regione e quella sera al cinema ci conoscevamo in tanti; io ero  in cima alla galleria e  al momento della sequenza in dialetto mezza galleria si girò a chiedermi: “che hanno detto?”


le palle comete

Vacanze estive spartane, in una casetta in affitto in uno dei più piccoli paesini medievali dell’appennino marchigiano, Domo. Le figlie piccole  si abbandonavano ai giochi che in casa non si potevano fare fra i quali un pomeriggio ci fu la costruzione e il lancio delle “palle comete” cioè una palla di carta di giornale ben stretta con lo scotch, legata con uno spago con un capo lungo un mezzo metro che serve per fare ruotare la palla e poi, lasciando lo spago, farla volare.

Ma un elemento fondamentale per la bellezza, il fruscio che producono, ma soprattutto perchè servono da stabilizzatori, sono le due strisce di carta crespa colorata legate alla palla.

Dunque costruisco per le figlie le palle e loro escono a giocare, lanciandole sulla piazzetta, i bambini del paese guardano, ammirano, chiedono se si può provare. In breve inizia una serie di : “mamma ne possiamo fare una per…?”

In breve fuori della nostra porta c’era una fila di bambini con in mano qualche foglio di giornale come contributo e ne uscivano muniti di cometa, ma ad un certo punto il dramma: abbiamo finito la carta crespa e senza stabilizzatori niente volo..

Il bambino successivo girò sui tacchi e poco dopo si presentò con un rotolo di carta igienica: funzionava!

Lo spettacolo di tutti i bambini del paese che lanciavano contemporaneamente le loro comete sulla piazzetta riempiendo il cielo della sera di colori e di fruscii è rimasto indimenticabile.

il viale delle sigaraie

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A Chiaravalle  (fra le tante quella in provincia di Ancona) c’è un viale speciale, con una storia unica e molto significativa.
Conduce dal centro della cittadina fino allo stabilimento della Manifattura Tabacchi,   un chilometro forse di strada con accanto un percorso pedonale fiancheggiato da platani poderosi.
Erano molte centinaia le sigaraie, le donne che lavoravano alla Manifattura ed erano l’élite delle donne chiaravallesi: il lavorare fuori di casa le aveva emancipate ed evolute; avevano sviluppato una solidarietà e un forte spirito di classe che le portò a volere il viale e a pagarsi quattrocento piante di platano che facessero ombra al percorso da e per la fabbrica, a piedi in bicicletta o con la carrozzina (perché fu proprio alla manifattura che videro la luce i primi nidi aziendali)
Queste donne che tutte assieme si tassano per comprare e piantare alberi, per la bellezza e l’ombra mi sono sembrate straordinarie e soprattutto donne.
Un’idea simile poteva venire solo a delle donne: sacrificarsi per qualcosa di così concreto  e nello stesso tempo bello e utile, per tutti ma senza un padrone.
Ancora adesso le vecchie sigaraie ne sono giustamente orgogliose.