Nella mia infanzia un po’ selvaggia, vissuta nel dopoguerra in Alto Montefeltro, le paure delle potenze misteriose erano tante. Una di queste, una delle più invadenti della mia fantasia era quella del “rebissoun” in dialetto locale come lo pensavo io cioè “re biscione” ma per me era una sola parola. Una bestia tremenda, biscia e rospo insieme, con un solo fischio poteva radunare tutte le serpi del bosco (che era grande ma addirittura immenso nella mia mente) e nel quale quotidianamente camminavo, che sarebbero arrivati, avrebbero circondato la vittima (me, appunto) e non le avrebbero concesso scampo. Non si poteva guardarlo negli occhi pena la morte… insomma una angoscia cosmica.
Me l’ha fatto venire in mente, oggi, leggere su face book il post del grande Franco Valente, un architetto dalla sconfinata competenza, cultura e conoscenza della storia , dell’arte e dell’architettura e di un sacco di altre cose, del Molise e non solo.

Valente racconta qui di una immagine del basilisco e delle origini della leggenda di questo animale mitico e terribile. Le caratteristiche del basilisco sono le stesse che mi raccontavano del mio rebissone . Che meraviglia scoprire che la superstizione ingenua e rozza che mi ha spaventato da bambina e che, da adulta, ho attribuito alla ignoranza della povera gente analfabeta dell’Alto Montefeltro, ha invece una nobilissima e colta origine. I Salmi, Plinio… mica chiacchiere
E mi chiedo: i bambini di oggi quando scopriranno quali sono le origini delle loro paure infantil avranno la stessa soddisfazione che ho provato io nel sapere che la mia paura era atavica e mi unisce alle generazioni innumerevoli che mi hanno preceduto insomma alla mia cultura?