Un paio di anni fa avevo raccontato qui un gioco dal significato misterioso che giocavamo fra il 1945 al 1950 nell’alto Montefeltro. Dicevo della stranezza di un gioco portato avanti per mesi senza che ci fosse poi un finale gratificante…
“… si giocava soltanto nei giorni prima della Pasqua (evidentemente all’epoca anche i giochi rispettavano le stagioni) e per giocare ci si metteva d’accordo cioè un bambino diceva a un’altro “Ci stai con me a Fuori il verde ?” e se l’altro acconsentiva allora si cominciava. Bisognava avere sempre in tasca, ben conservato, un rametto con foglie verdi (Il bosso andava benissimo) perché quando si incontrava il compagno uno dei due, il più svelto, diceva all’altro “Fuori il verde” sfoderando il proprio rametto e l’altro doveva rispondere mostrando il proprio rametto e poteva dire “Fuori il tuo che il mio non perde”……….Messa grande del giorno di Pasqua: al momento dell’ ite missa est c’era un correre dei bambini fuori della chiesa gridando mentre le campane strepitavano a festa e il primo che diceva al suo compagno fuori il verde aveva vinto.
Cosa aveva vinto? Niente!
Lo dicevo che era un gioco davvero particolare!
Fatto di niente assoluto, solo la gioia e il gusto di cercarsi, di sorprendersi, di avere un accordo con un compagno, di avere un legame…”
Non sapevo di aver giocato a un rituale antichissimo forse di origine etrusca…
come ho appreso in uno splendido libro, di cui devo ringraziare Giuliano delle Pievi Romaniche (su face book) amico carissimo, che generosamente me ne ha fatto dono a suggello e ricordo di un incontro indimenticabile fra le Pievi.
Il libro analizza ed esemplifica (con rigore e ampiezza di riferimenti culturali) il significato dei simboli presenti nelle Pievi romaniche più antiche ed ecco che l’autore racconta di aver giocato al mio stesso gioco
e arriva a dire che questo strano gioco-rituale e molti dei simboli presenti nelle Pievi (sirene, serpenti, tralci di vite, pigne..) potrebbero derivare direttamente dalla cultura etrusca e dai culti dionisiaci…
- le sirene e i serpenti dell’architrave di Corsignano
- i serpenti del capitello nella Pieve di Corsignano
Ho letto e riletto questo passaggio con una certa commozione: intanto il condividere una esperienza così speciale con qualcuno (tanti) sconosciuto e lontano, ma più ancora sapere di aver partecipato a un rito con una storia così nobile e antica e ancora di più il rammarico di una storia bimillenaria che si è interrotta e per sempre.
Nemmeno nel paesino del Montefeltro (S.Agata Feltria, per la precisione) dove ho vissuto sanno più niente di questo, giocano ad altro.
E anche io che l’ho saputo e che, anche se confusamente, mi rendevo conto di partecipare a qualcosa di speciale, nemmeno io l’ho trasmesso a nessuno…
Una tradizione così nobile e raffinata non ha potuto reggere all’abbandono e alla dispersione delle comunità rurali e così si è realizzata la perdita di un patrimonio che pure aveva retto allo scorrere dei secoli e al succedersi di civiltà, credo, culture diverse..
Sento che tutti noi (e anche i nostri posteri) abbiamo perduto qualcosa di prezioso e insostituibile i cui germi forse continueranno a vivere segretamente nel nostro inconscio.