La famosa lettera dei 600 prof universitari a proposito del fatto che gli studenti non sanno l’italiano mi ha fatto venire inevitabilmente in mente la mia esperienza.
Ho imparato a scrivere in modo abbastanza corretto perché?
come sempre i motivi sono più di uno di sicuro mi hanno fatto scrivere molto… e mi correggevano TUTTO quello che mi avevano chiesto di scrivere.
Alle superiori avevamo per compito un testo che a lunedì alterni dovevamo consegnare ricevendo poi l’argomento per la consegna successiva.
Naturalmente l’esigenza di scrivere è stata importante per l’esercizio, ma io ricordo ancora la ricchezza e la puntualità delle correzioni che leggevamo con grande attenzione anche perché non erano mai banali.
Per esempio una volta che cercavo senza trovarlo il giusto incipit durante un compito in classe di italiano il prof mi chiese perché io dissi che non sapevo come cominciare e lui mi suggerì “con una lettera maiuscola”.
Venivamo tutti da una Scuola Media nella quale non si “andava” a fare la spesa ma ci si “recava”… le frasi pompose e il linguaggio paludato erano tenuti in grande considerazione e incoraggiati: un disastro!
Quando il professore cominciò a ridicolizzare le nostre frasi fatte e le nostre espressioni scontate all’inizio restai incerta: ma cosa voleva quello lì?
Avevo scritto “nella morale di tutti i giorni” e lui “Ce n’è anche una festiva?”
Avevo proposto una suddivisione in quattro parti e poi ne avevo sviluppate solo tre e lui “Niente di male: anche i tre moschettieri erano quattro”
E l’aggettivazione poi: avevamo l’abitudine di metterne due o meglio tre; lui ci invitava a sceglierne uno solo, quello davvero significativo…
Insomma offriva strumenti concreti e piano piano si cominciò a cambiare.
I testi poi erano spesso degli argomenti davvero interessanti; uno restò famoso:
“Il combattimento di Tancredi e Clorinda nella poesia del Tasso e nella musica di Giacomo Monteverdi”
Monteverdi? Ecchiè? E lui: “Prendete accordi con la Società degli Amici della Musica che sono già avvertiti, vi faranno ascoltare il pezzo” E dire che era il lontano 1958!
Un altro che ricordo per una buona ragione : Argomentate la verità o la falsità dell’affermazione “Non vi è vera grandezza se non nel servizio degli altri”
Con tutta la buona volontà non ero riuscita ad arrivare oltre a due striminzite paginette in cui grosso modo dicevo che siccome a farsi i fatti propri sono buoni tutti chi si dedicava al bene degli altri era da considerarsi eccezionale e facevo un paio di esempi tipo Dottor Schweitzer.
Quando mi restituì il lavoro io provai a scusarmi per non aver scritto di più e lui mi rispose che in effetti quello che c’era da dire l’avevo detto e andava bene così.
Che sollievo! Non sono mai più riuscita a tirarla per le lunghe, credo anche con sollievo di chi doveva poi leggere e valutare.