Ogni tanto compare sui social la polemica sui libri cartacei versus elettronici e anche quella sui libri che qualcuno ha lasciato nella raccolta della carta con il relativo anatema “vergogna-non-si-fa”! Io dovrei tenermi a distanza da entrambe le discussioni perché dovrei saperlo ormai per esperienza che non è un dialogo che potrebbe anche essere costruttivo. No, è una lotta all’ultimo commento, all’ultima ragione, anche da parte mia.
Da un lato la passione che viene manifestata mi fa piacere: i libri hanno dunque degli appassionati cultori, da ognuna delle parti. Dall’altra spesso mi colpisce osservare come si abbia dei libri un’idea stereotipata, come se fossero tutti dello stesso valore, dello stesso uso, della stessa importanza, dello stesso valore.
Insomma oggetti degni per principio di un rispetto e di una grande reverenza, quella che spingeva i genitori del secolo scorso a “coprirli” con carta o copertine diverse per preservarli dall’uso e suggeriva anche certi divieti a sottolineare specie con la penna… E poi: segnare la pagina con una piega della pagina? Un’orecchia? Terribile!
Insomma tutte attenzioni, divieti, atteggiamenti che in fondo rivelano la scarsa abitudine ai libri, il considerarli un po’ come qualcosa di speciale, prezioso, straordinario, alieno dalla vita quotidiana. Comportamenti che vengono da quando i libri erano costosi, preziosi, rari. Comportamenti che, siccome nella realtà italiana non siamo poi dei grandi frequentatori di libri, si trasmettono da una generazione all’altra diventando la base di una specie di ideologia fondata sull’assioma che il libro di carta è un valore sempre, mai discutibile.
Così non si mettono i libri nella raccolta della carta (e neanche lì vicino in una scatola), si disprezzano i libri elettronici “vuoi mettere l’odore della carta? ”… e a tutti quelli che la pensano magari un po’ diversamente si va giù di “incivile, ignorante, illetterato, rozzo…”. Per l’ennesima volta entro, pur sapendo che non lo dovrei fare, nella battaglia.
“Libro elettronico” contro “libro di carta”
Non c’è un solo tipo di libro e nemmeno un solo tipo di lettore (e di lettura): sono un lettore di poesia abbastanza abituale (e mi vanto di non averne scritte dopo l’adolescenza) e per leggere poesia secondo me ci vuole il libro di carta perché si legge, si torna, si pensa, si torna, si cerca, si rilegge, si sottolinea, si memorizza, si confronta, si cerca, si torna… Insomma ovvio: carta! Un esempio eccelso lo dà la foto della copia dei Fiori del male di Baudelaire con le sue preziosissime note.
Posso dire lo stesso per i libri su argomenti che ci appassionano o che ci interessano per motivi di studio o di professione: si legge, si cerca, si sottolinea, si memorizza, si cerca, si torna… Carta!
E i libri che ci hanno segnato? Quelli dopo i quali non siamo più stati gli stessi? Quelli che ci hanno offerto l’occasione di cambiare modo di pensare, di fare, quello in cui credere, quello per cui lavorare…? Carta!
Carta, così tanto che nella mia libreria ci sono alcuni libri che mi sono così cari che sono di carta e in due copie; ho l’abitudine di prendere su uno di questi per brevi viaggi durante i quali avrò tempo di stare in “meditazione” e potrebbe succedere di perderlo.
Ma sono anche una che ha il sonno saltuario e allora invece di innervosirmi per l’insonnia leggo e devono essere storie, romanzi, gialli, cose così… Nel mio magnifico e prezioso e-reader, smilzo e leggero come un fascicoletto del vecchio Topolino in questo momento ci sono 580 libri di questo genere che posso aprire, richiudere, lasciare da parte, leggere, archiviare (anche cancellare) e il tutto in caratteri adatti alla mia vista non più fortissima e addirittura retro illuminati.
Per non dire che se mi venisse voglia di un libro nuovo e in presenza di wifi posso persino comprarmene uno senza muovermi dal letto (e pagarlo con la carta di mio marito… eheh!) e allora per questo tipo di libri? Elettronico, elettronico certo, ci mancherebbe!
Come dico spesso i talebani dei libri sono spesso quelli che con i libri hanno una dimestichezza non proprio quotidiana. Basta così.