
Continuando nell’opera lenta e pigra del riordino degli scaffali sono venuti fuori anche loro, i diarii dei viaggi.
Per tanto tempo, finché si viaggiava con le figlie piccole e via via più grandi, non ci era mai venuto in mente di scrivere un diario, avevamo troppo da fare. La prima volta che partimmo per un viaggio vero da soli, era il 1988 e la meta era la Provenza, dove Giorgio era stato qualche anno prima nel suo annuale viaggio in moto in solitaria.
Per me invece era il primo viaggio all’estero dal viaggio di nozze, dunque più di vent’anni per cui ero molto emozionata e piena di aspettative. Così era venuta fuori l’idea di scrivere il diario. L’esperienza fu davvero piacevole e positiva così è diventato abitudine e quando ci si preparava a partire assieme ai bagagli si sceglieva anche il taccuino, Via via il diario acquistò un suo stile di scrittura e anche estetico. Imparai che era importante che avesse dimensioni contenute per poter essere sempre a portata di mano ma non ingombrare lo zainetto e avere una copertina rigida per poter scrivere dovunque. Poi visto che gli dedicavamo tempo e attenzione, doveva anche essere bello così alla fine me li facevo fare dal rilegatore su mio progetto. Niente di trascendentale, ma comodo e gradevole, di mio gusto! Ma allora, nel 1988, presi su un taccuino omaggio di una libreria locale.

Oltre all’aspetto nel tempo è molto cambiato anche il contenuto: all’inizio erano soprattutto chilometri percorsi, soldi spesi… dei luoghi quasi soltanto l’elenco. Poi via via sono sempre di più le descrizioni ma soprattutto le emozioni e addirittura ogni tanto azzardo schizzi sommari e piuttosto primitivi ma per noi molto evocativi.

Quando si scrive? Quando si deve aspettare, quando uno si riposa (nel nostro caso dato che solo G. guida) e quell’altro no, durante i trasferimenti, in traghetto, treno, aereo, ma più spesso quando ci si prende una pausa e col nostro modo di viaggiare (che G. definisce “zen”) ce ne sono e molte ce le inventiamo. Siccome viaggiamo da soli, senza programma fisso, senza prenotazioni preventive, senza obblighi, ci sono lunghi tempi di relax, soste in luoghi belli per goderseli senza affanni e in questi “spazi” di tempo si tira fuori il taccuino e lo si aggiorna ripercorrendo magari le giornate precedenti.
Così scrivere del viaggio è anche utile e terapeutico e in più ci sarà, qualche anno dopo, il piacere di rileggerli: immagini, sensazioni, incontri, piccoli fatti tornano vivi e brillanti alla mente. Consiglio caldamente di scrivere i viaggi: fa stare bene.