di che colore è il tronco di un albero?

albero rosso, P.Mondrian

Corso di formazione per insegnanti di scuola dell’infanzia. Si lavora sul disegno e la pittura, sulla creatività, su come stimolarla e lasciarla esprimere.  Cercando di aiutare  la riflessione sui modelli stereotipati del disegno, che spesso si incoraggiano a scuola, pongo una domanda semplice:

“Di che colore è il tronco di un albero?”   Coro: “Marrone!”

Offro a ciascuno una striscia di carta e li invito a scegliere il marrone che preferiscono per colorarla come fosse un tronco di albero. Con questo “campione” li invito ad andare nel parco che circonda la scuola a cercare quale albero corrisponde al “marrone” che hanno scelto.

Betulle . Klimt

Tornano con l’aria sconsolata e anche con uno sguardo d’intesa negli occhi.  Si vede che hanno capito.

Speriamo che se lo ricordino e magari con qualche esempio autorevole di pittori antichi e moderni, facciano scoprire a tutti che la risposta a “Di che colore è il tronco di un albero?” non è quasi mai  “Marrone!”.

Klimt albero della vita

scrivere il viaggio

diari di viaggio

Continuando nell’opera lenta e pigra del riordino degli scaffali sono venuti fuori anche loro, i diarii dei viaggi.

Per tanto tempo, finché si viaggiava con le figlie piccole e via via più grandi, non ci era mai venuto in mente di scrivere un diario, avevamo troppo da fare. La prima volta che partimmo per un viaggio vero da soli, era il 1988 e la meta era la Provenza, dove Giorgio era stato qualche anno prima nel suo annuale viaggio in moto in solitaria.

Per me invece era il primo viaggio all’estero dal viaggio di nozze, dunque più di vent’anni per cui ero molto emozionata e piena di aspettative.  Così era venuta fuori l’idea di scrivere il diario. L’esperienza fu davvero piacevole e positiva così è diventato abitudine e quando ci si preparava a partire assieme ai bagagli si sceglieva anche il taccuino,  Via via il diario acquistò un suo stile di scrittura e anche estetico. Imparai che era importante che avesse dimensioni contenute per poter essere sempre a portata di mano ma non ingombrare lo zainetto e avere una copertina rigida per poter scrivere dovunque. Poi visto che gli dedicavamo tempo e attenzione, doveva anche essere bello così alla fine me li facevo fare dal rilegatore su mio progetto. Niente di trascendentale, ma comodo e gradevole, di mio gusto!  Ma allora, nel 1988, presi su un taccuino omaggio di una libreria locale.

DSCN8718

Oltre all’aspetto nel tempo è molto cambiato anche il contenuto: all’inizio erano soprattutto chilometri percorsi, soldi spesi… dei luoghi quasi soltanto l’elenco.  Poi via via sono sempre di più le descrizioni ma soprattutto le emozioni e addirittura ogni tanto azzardo schizzi sommari e piuttosto primitivi ma per noi molto evocativi.

Pirenei - Bayonne

Quando si scrive? Quando si deve aspettare, quando uno si riposa (nel nostro caso dato che solo G. guida) e quell’altro no, durante i trasferimenti, in traghetto, treno, aereo, ma più spesso quando ci si prende una pausa e col nostro modo di viaggiare (che G. definisce “zen”) ce ne sono e molte ce le inventiamo. Siccome viaggiamo da soli, senza programma fisso, senza prenotazioni preventive, senza obblighi, ci sono lunghi tempi di relax, soste in luoghi belli per goderseli senza affanni e in questi “spazi” di tempo si tira fuori il taccuino e lo si aggiorna ripercorrendo magari le giornate precedenti.

Così scrivere del viaggio è anche utile e terapeutico e in più ci sarà, qualche anno dopo, il piacere di rileggerli: immagini, sensazioni, incontri, piccoli fatti tornano vivi e brillanti alla mente. Consiglio caldamente di scrivere i viaggi: fa stare bene.

storia sorprendente di un gatto

a072664a-7eb1-468a-b1dc-b684d55368b1Ho ritrovato per caso questa foto di “Tollorò” uno dei gatti di Lucia e con la foto la sua storia un po’ particolare.  Non c’è da far caso al nome, in casa di Lucia i gatti e anche gli altri animali hanno tutti nomi particolari come per esempio le due cagnette Zampa e Orma, i gatti Valido, Notte e Orzo, ogni nome ha un suo perché.

Tollorò era uno dei tre nati da Adalgisia (si, non c’è errore, proprio Adalgisia!) ed era molto robusto da cui il nome che nel dialetto marchigiano significa grosso, ben piazzato.

Quando aveva circa otto mesi, nel Capodanno fra il 2000 e il 2001, sparì da casa e non se ne seppe più niente nonostante le ricerche.

Nel 2010 inaspettatamente “è entrato in casa e se l’è girata tutta come fa chi la conosce; ero meravigliata che Adalgisia, sempre aggressiva con gli altri gatti  non lo scacciava” racconta Lucia

“Allora ho chiesto al veterinario se fosse possibile che fosse tornato dopo tanto tempo:  mi ha detto di sì, che è raro ma possibile se non si è mai allontanato veramente molto dalla zona.” Ma Lucia stava traslocando per andare a vivere a 50 chilometri di distanza; la vicina di casa si era affezionata a questo “reduce” e così Tollorò è rimasto nella casa che aveva abbandonato e poi ritrovato dopo tanto tempo.  Gatti veri, mica gattini!

(Valido si chiama così perché della sua nidiata è stato l’unico a farcela, era il più “valido”. Notte deve il suo nome al fatto che se la sono trovata a casa di notte… e Orzo è stato trovato quando piccolissimo L. lo ha sentito miagolare disperato nel campo di orzo davanti a casa, dove era stato trascinato da un predatore al quale deve essere sfuggito.)