proibito leggere

Non avevo fatto mai caso a quanti ricordi della mia vita siano legati ai libri.
Di alcuni ho scritto, ma oggi, ascoltando discutere del rapporto “scuola- amore per la lettura” d’improvviso mi sono ricordata.
Quando nel 1957 la Feltrinelli fece il colpaccio di fare uscire clandestinamente dall’unione Sovietica e poi pubblicare il libro di Pasternack, il Dottor Zivago, io ero in collegio.

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Le monache, per stare tranquille nella loro beata inconsapevolezza, proibivano alle loro collegiali di leggere qualunque libro non provenisse dalla stitica e ammuffita “bibliotechina” del collegio, ricca di biografie delle sante e di romanzetti rosa (uno dei quali per altro aveva un paio di pagine molto pruriginose e, forse per questo, era  richiestissimo).
Per me era assolutamente impossibile rispettare il divieto e così avevo care compagne di classe non collegiali che, ricche di una biblioteca familiare, mi fornivano da leggere. Una di loro cominciò dal fondo dello scaffale in ordine alfabetico e così ero una delle poche adolescenti ad aver letto l’intera opera di Zola…

Non riesco a ricordare come riuscii, io senza soldi da spendere, come ho già raccontato qui , ad avere in mano Il dottor Zivago.

Era costoso per cui non mi azzardavo a leggerlo in collegio dove, se scoperto mi sarebbe stato tolto e bruciato 1958 .JPG ( si, bruciato, i libri in certe culture sono pericolosi come ha raccontato Bradbury).
Non potevo rischiare e così …lo leggevo in classe, con la pretesa di farlo di nascosto benchè avesse  le proporzioni di un dizionario
Mi andò bene per qualche volta poi un professore  più pignolo di altri mi colse sul fatto e mi spedì dal Preside.
Era una brava persona, un vero Maestro di cui ho raccontato.
Mi chiese perché e io glielo spiegai, gli dissi, anche con una certa supponenza, che in quel momento era per me  più importante leggere Zivago che perdere tempo ad ascoltare le sciocchezze che dicevano  le mie colleghe durante le interrogazioni su argomenti  che io, invece, conoscevo piuttosto bene.
Mi ero anche  raccomandata che, per carità, me lo restituissero che non avevo i soldi per ricomprarlo.
Mi disse che ne avrebbero discusso in consiglio.
Dopo qualche giorno mi fecero sapere che molti professori avevano dichiarato:

che si auguravano di avere molti alunni che pur di leggere…
che in fondo avevo abbastanza ragione io e dunque ecco il patto:
Io avrei dovuto intensificare lo studio in modo da avere risultati più che eccellenti durante le interrogazioni nelle quali i miei insegnanti sarebbero stati molto severi, in cambio appena l’insegnante fosse passato alle interrogazioni dei miei compagni io avrei potuto tirare fuori il mio libro e leggere beatamente e comodamente.
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Fu uno scambio equo e fruttuoso e, anche, molto esemplare per noi che studiavamo per essere educatori.
Non un cedimento lassista e nemmeno l’ imposizione di una sterile difesa dell’autorità, ma un patto che riconosceva anche a me una dignità.

Ho studiato tanto per mantenere il patto, ho subito con successo interrogazioni durissime e … intanto i professori più all’avanguardia facevano a gara per avvicinarmi con offerte di libri intelligenti, formativi, interessanti, nuovi, che volentieri mi prestavano e, spesso, mi regalavano.
Lo so: ho frequentato una scuola diversa, la facevano persone che credevano molto in quello che facevano.
A distanza di mezzo secolo li penso ancora con gratitudine.

Scuola di poesia

Sono di una generazione che ha  dovuto imparare a memoria una quantità di poesie, fino alle scuole superiori.
Ed è vero che fra queste c’erano Leopardi, Foscolo o Dante,  le cui parole ancora mi fanno compagnia o mi vengono alle labbra in certe situazioni, ma la maggior parte delle volte erano lunghe e noiose composizioni in rima, dal ritmo monotono, molto
parapà parapà pappappero
 o
taratatira tatira tarara,
tarara tarara tatà.

E parole astruse, scelte fra le più dotte e incomprensibili, come se essere poeti volesse dire esibire parole speciali, che dovevano nobilitare, con la loro rarità, il componimento.
Chilometri di Carducci, Alfieri, Parini…
Insomma se me lo avessero chiesto non avrei detto davvero che amavo la poesia.
Ad anni di distanza nella mia libreria c’é un lungo scaffale di libri di poesia e in doppia fila: come é successo?
E’ stata opera di un uomo di scuola intelligente, colto e e generoso, il preside che celebrava la primavera con Beethoven (vedi post)
Un giorno mi arrivò un invito ad andare negli uffici della presidenza per un incontro con il Preside: inquietante!!!
E per di più l’invito era per il sabato pomeriggio!
Per me che passavo i fine settimana nella noia del collegio semivuoto perché le mie compagne andavano a casa era comunque una buona cosa, almeno diversa e le suore non potevano opporsi all’autorità del Preside.
Così ci sono andata, ci ho trovato qualche compagno delle ultime classi come me e nel nostro massimo stupore il Preside trasformato in un ospite che accoglie gli amici, ci offre una gustosa merenda, bibite, i comodi divani del salotto di presidenza e poi ci invita ad ascoltare
Era Garcia Lorca,  il Lamento per la morte di Ignacio letto da Arnoldo Foà,
Un universo spalancato all’improvviso davanti ai miei piedi, un vero pugno in faccia.
E poi la stranezza  di esprimere i nostri pensieri, le nostre emozioni con lui, IL PRESIDE, come se fossimo suoi amici, alla pari.
Ci aiutava a farci un’opinione anche con le informazioni che noi non avevamo, ma senza pedanteria.
Seguirono altri sabati, con Paul Eluard, con W.Whitman, con Apollinaire,  con tanti dei grandi contemporanei- erano gli ultimi anni ’50- insomma una vera scuola di quella poesia alla quale la nostra classe non sarebbe mai arrivata col programma che se andava bene riusciva a buttare un occhio su D’Annunzio.. che in quanto a prosopopea era perfettamente in linea con i roboanti Carducci-Alfieri etc.
Invece noi “eletti” scoprivamo che esistevano poeti che parlavano con le parole anche nostre delle emozioni e delle idee anche nostre.
Questi poeti contemporanei ci restituivano la nostra esperienza trasformata in qualcosa di universale, trasfigurata dall’uso colto e raffinato  della parola e del ritmo.
Insomma quell’educatore generoso e intelligente, nel suo tempo e a sue spese, mi ha regalato la capacità di essere curiosa nei confronti della poesia, la possibilità di godermela (e a volte anche di rifiutarla).
Una rivelazione che ancora oggi mi fa compagnia

Cenerentola in libreria

Adesso mi capita di comprare i libri on-line e spesso sono delle belle delusioni all’apertura del pacco, ma a parte la possibilità di scegliere, toccare, anche annusare i libri prima di comprarli quello che mi manca é il libraio.
Ne ho conosciuti anche di insopportabili supponenti o ignoranti, ma ne ho conosciuti di deliziosi come quello che a Matera  raccontava con vivaci e straordinarie sintesi le trame o il contenuto dei libri che gli mettevi in mano, grande affabulatore!
Ma a uno di loro devo molto e se la storia  che racconto ha il tono di una favola é perché é stata a suo modo favolosa.

Forlì fine anni ’50, in un’Italia che si avviava al boom  una ragazzina che viveva in collegio.
Soldi zero, vestita con una divisa avvilente ( indumenti blu, ottenuti tingendo con la polverina i vestiti vecchi, un vero squallore!) costretta dal regolamento del collegio ad uscire sempre in fila con accompagnatrice una suora..
L’unico tipo di uscita che potevo fare da sola era per andare in biblioteca o in libreria.
La libreria mi piaceva; l’antica Libreria Editrice Zanelli, sotto i portici della Piazza principale, mobili di legno vecchio profumati di cera, parquet, leggii dove posare i libri per sceglierli e una sala dove venivano esposti quelli appena arrivati.. una vera goduria.
Io non avevo soldi, e riuscivo a rimediare qualche centinaio di lire risparmiando sulla merenda.
Facevo così: i miei a fatica riuscivano a darmi qualche volta mille lire per comprare affettato o marmellata da mangiare col pane per merenda dato che il collegio forniva solo pane e non il companatico; io non compravo niente e a merenda mangiavo il pane da solo e per companatico… il libro che ero riuscita a comprare con quei soldi.
Editori benemeriti avevano reso possibile il miracolo: conoscere il mondo attraverso tutti gli autori stranieri  con  i libri del Pavone Mondadori, lire 250 il volume singolo, che mi hanno fatto conoscere Hemingway, Faulkner, Steinbeck..
E i bruttissimi grigissimi volumi della BUR, lire 70 al volume singolo e multipli per volumi doppi, tripli… tutta la storia della letteratura, Ariosto, Tolstoi, Dostojevski, Machiavelli, Cervantes, Dumas, …. tutti!
Si faticava a leggerli carta grigia e caratteri piccoli piccoli ma la fatica valeva la pena.

Dunque con il mio gruzzoletto davvero misero entravo lì, nell’elegante Libreria frequentata dai signori di Forlì, e dopo aver accarezzato, toccato, sfogliato uscivo col mio librino modestissimo.
Bastava un’occhiata anche distratta per capire che non ero un cliente che avrebbe fatto guadagnare il libraio e lui, il Signor Zanelli, elegante nel suo completo scuro, barbetta e capelli bianchi, era un uomo navigato dunque sapeva valutarmi.
Non mi aveva mai trattato con superiorità, ma un giorno che avevo comprato un libro di Remarque (vedi il post sul libro rubato)  mi chiese come mai avevo fatto quella scelta.
Io, felice di aver modo di parlare di libri, gli spiegai la mia passione per “Niente di nuovo sul fronte occidentale” e la commozione che provavo leggendolo.
Lui restò molto colpito e mi disse  che lo avevo fatto felice perché gli avevo mostrato che c’erano dei giovanissimi che sapevano amare i libri e condividere le idee di pacifismo e di rifiuto della guerra di una generazione che di guerre e violenze ne aveva viste e prodotte tante (il fascismo era finito da poco e anche la 2^ guerra mondiale).
Mi disse che erano i lettori come me che valevano la pena e che andassi pure tutte le volte che volevo e per tutto il tempo che volevo a leggere e guardare.
Una stretta di mano vigorosa e io uscii tutta emozionata e contenta.

Dopo aver raccolto nuovamente un piccolo gruzzoletto tornai da Zanelli; in negozio c’erano parecchi clienti, io aspettavo il mio turno, un po’ in imbarazzo con la mia divisa squallida fra tutta quella gente elegante.

Il signor Zanelli mi vede e rivolgendosi a uno dei commessi “Fai accomodare la signorina in sala di lettura e mostrale le novità che ho messo da parte per lei”
Ed ecco a voi Cenerentola in persona che passa davanti a tutti i cortigiani ammutoliti per la sorpresa che le fanno largo e la lasciano  entrare nel paradiso dei libri dove … visse delle ore  felice e contenta.

Caro Signor Zanelli che ha guardato oltre gli stracci… mi basta vedere la costola di uno di quei libri per pensare a lui con gratitudine.
So che c’é un paradiso dei libri e lì passeggiano autori, lettori e librai sorridenti e generosi, e il Signor Zanelli ogni tanto dice: “fate accomodare….” e un nuovo lettore viene assunto nel cielo beato della lettura.