Per riuscire a prendere il diploma da maestra elementare ho dovuto faticare molto; proprio appena iscritta all’Istituto Magistrale morì all’improvviso mio padre, l’unico genitore. L’Ente di assistenza cui babbo pagava i contributi mi garantiva una borsa di studio (purché avessi raggiunto la media dei 7/10) con la quale avrei potuto pagare la retta del Collegio in cui dovevo stare visto che nel mio paesino non c’erano scuole superiori.
È stata spesso dura, a volte mi è sembrata impossibile, ma ho avuto la fortuna di incontrare persone speciali, a scuola e anche in collegio (anche dei veri pezzi di m… ma di questi taccio) come ho raccontato qui e qui.
In fondo però avevo dentro di me una determinazione forte a farcela e spesso ricordavo a me stessa le parole della Costituzione che conoscevo perché nella nostra scuola ce la facevano studiare (1956-1960)!
Quel “I capaci e meritevoli” parlava di me… e io faticavo, studiavo, leggevo, pensavo, riflettevo per essere all’altezza, per essere “capace” e dunque “meritevole”.
Mi sono diplomata con una votazione all’epoca altissima con un esame di Stato che proprio quell’anno era più severo del solito…
La borsa di studio dell’Ente, come ho scoperto subito dopo, mi garantiva di poter comprare si e no qualcuno dei libri che servivano all’Università cui mi ero iscritta e allora… mi sono buttata a studiare (mentre lavoravo 9 ore al giorno come segretaria in una fabbrichetta) per vincere il Concorso Magistrale e ce l’ho fatta, arrivando fra i primi 20 (di più di mille) concorrenti. A venti anni avevo uno stipendio e un posto di lavoro che mi piaceva e anche molto.
Il desiderio di sapere, di approfondire non mi aveva abbandonato, anzi! Però ormai non era più l’Università, secondo me, a darmi la risposta e così: libri, corsi, incontri, associazioni, MCE, Cemea, convegni, partecipazione, approfondimenti…
Mi sono iscritta poi ad una università (il titolare della cattedra di pedagogia mi aveva sollecitato a farlo!), ma ho lasciato andare le cose, ormai avevo la famiglia, le figlie, ero impegnata nella comunità parrocchiale e nel Consiglio Comunale, nel Sindacato, nello Scoutismo e la sperimentazione nella scuola a tempo pieno richiedeva lavoro e fantasia (ma dava enormi soddisfazioni)
Spesso i miei dirigenti scolastici mi chiedevano di tenere corsi di formazione ai colleghi, cosa che facevo ovviamente senza compenso, guadagnandomi qualche gratificazione ma molte più critiche acide e l’epiteto di “capisciona” (la saputella)
Però… non mi sono laureata
Fino ad un certo punto non importava a nessuno, i titoli extra universitari che avevo accumulato bastavano a darmi la patente di “competenza” poi ho cominciato a scoprire che anche per un piccolo scatto di stipendio o partecipazione a un concorso era richiesta la laurea…
Non mi importava più… insegnare nella scuola elementare mi dava piacere e soddisfazioni.
Poi piano piano il mondo è cambiato attorno a me e ho lasciato la scuola appena ho potuto perché i miei valori non andavano più d’accordo con quelli della maggior parte dei genitori.
Insomma non mi sono laureata
Avevo dimenticato la promessa dell’art.34, quella sulla quale aveva appoggiato la mia speranza e la mia forza
“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto”
l’ho ritrovato ultimamente mentre cercavo il testo preciso dell’art.34 e rileggendolo mi sono ritrovata lì, ragazzina sola nello studio del collegio, mentre cercavo di continuare a studiare nonostante la stanchezza, che mi ripetevo “i capaci e i meritevoli…”
Non mi sono laureata: sono ancora in credito perché con me la Repubblica non ha reso effettivo il mio diritto… questo è un credito che non riuscirò a riscuotere.
So dunque per esperienza personale che per sapere non è indispensabile avere una laurea, ma non mi viene in mente di deridere o sfottere i “plurilaureati” come si usa adesso. La differenza la fa il desiderio di conoscere e cercare, il tempo e la fatica personale dedicati a migliorare se stessi, il non sentirsi mai arrivati, non pretendere che essere ignoranti possa essere un vanto e un merito.
Quello che ho imparato mi è stato utile a sentirmi capace e meritevole, a farmi tanti amici anche fra gli ex alunni, qualche genitore e qualche ex collega ma comunque:
NON MI SONO LAUREATA!