Tanto tempo fa ero un capo scout. Erano i tempi in cui di scoutismi ce ne era uno femminile, l’AGI (Associazione Guide Italiane) e uno maschile, l’ASCI (Ass.Scout Cattolici Italiani). “Il clima culturale del dopoguerra, il nuovo ruolo della donna nella società e nella Chiesa, lo stesso rinnovamento conciliare, hanno creato successivamente, assieme ai cambiamenti di mentalità portati dal ’68, l’occasione favorevole per la nascita di un’unica associazione di guide e scouts cattolici nella quale potessero convivere, nel rispetto reciproco e secondo il principio della coeducazione, ragazzi e ragazze: era il maggio del 1974, nasceva l’AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) come risultato della fusione delle due Associazioni”.C’ero anche io in quella seduta storica a votare per l’unificazione!
E dopo aver unificato le associazioni bisognava cominciare a vivere assieme e a far vivere assieme le due realtà e il punto dolente all’inizio fu fare assieme l’attività all’aperto come le uscite e i campi estivi. Maschi e femmine assieme? A dormire? Ossignore!
Nessuno di noi pensava che sarebbe stato semplicissimo perché era tutto da inventare, uno stile e un’abitudine di convivenza che doveva essere diverso da quello che c’era prima e, soprattutto, doveva vincere i pregiudizi che dominavano la vita quotidiana. Tabù sessuali e anche discriminazioni di genere erano fortissimi e anzi ritenuti ovvii.
Così abbiamo cominciato molto timidamente a fare degli esperimenti e a noi di Jesi 1 toccò uno dei primi campi estivi insieme: vivere 10 giorni maschi e femmine (così si diceva!) cercando di mescolare le abitudini e le tradizioni scout di entrambi e inventando un modo di godere dell’esperienza nuova e avventurosa.
Ero la più anziana (già allora!) ma soprattutto ero una responsabile a livello della Pattuglia Nazionale che aveva autorizzato l’esperimento, dunque guidavo un po’ la comunità dei capi. Avevamo naturalmente deciso di mettere grande cura nel controllo del linguaggio e dei comportamenti di noi adulti ma anche di quelli dei maschietti che avevano tendenza a sbeffeggiare le bambine. Bambinetti di 8-10 anni che si atteggiavano a rudi avventurieri davanti alle bambine e magari poi gridavano “aiuto c’è una bestiaaaaa!” per un ragno erano all’ordine del giorno ma ogni giorno si facevano progressi.
I due dormitori erano prudentemente separati al punto che per andare da uno all’altro occorreva scendere due rampe di scale, percorrere un corridoio, salire due rampe di scale così non c’era possibilità della temutissima promiscuità sessuale (ahahah!). Durante il riposo pomeridiano, quando ogni ragazzino poteva fare quello che voleva tranne rumore, sulla porta del dormitorio delle bambine incontro un lupetto trafelato, cosiddetto Carlo, che aveva in una mano i suoi pantaloncini della uniforme e nell’altra i bottoni che si erano staccati.
Quando gli ho chiesto dove stava andando devo aver usato un tono piuttosto ruvido e lui non sapeva cosa dirmi: “ Mi si sono staccati i bottoni e Akela (in gergo: il suo capo) mi ha detto di venire da X per vedere se, se…” doveva già aver capito che era meglio non andare oltre.
E io “Ho capito, fratellino, stavi andando a chiedere a X se ti presta ago e filo perché tu ti sei dimenticato di portarli, vero?” “Sì sì proprio così” . “Allora ti presto i miei, andiamo dal tuo Akela…” . Ho riaccompagnato Carlo nel suo dormitorio ma a metà strada abbiamo incontrato i capi “maschi” che forse avevano riflettuto meglio e ci venivano incontro trafelati; da lontano facevano gesti con le mani come dire “scusa scusa scusa”. Insomma anche i capi avevano necessità di riflettere e abbiamo riflettuto così che abbiamo organizzato un laboratorio per insegnare a cucire bottoni dedicato a maschi e femmine che ha avuto molto successo come anche il mio racconto del fatto che i marinai, gente notoriamente rude e mascolina, per essere autonomi durante i lunghi periodi di navigazione non solo si attaccavano i bottoni, ma facevano anche le calze a maglia e se le cucivano, senza per questo perdere di dignità…
A volte mi sembrano ricordi così antichi, più di quarant’anni, ma per altri versi ancora attuali. Lo scoutismo ha fatto grandi passi da allora, ma nella vita quotidiana di strada da fare ce n’è ancora tanta, tanta!