sapori di infanzia

356263.jpgA qualunque ora e quasi ovunque si vedono persone che cucinano, spesso piatti improbabili che non assaggerei volentieri, e mi fanno pensare che anche io avrei delle ricette abbastanza originali o poco conosciute, ma certo di tutt’altro tipo.

Intanto devo precisare che sono ricette di tempo di guerra o quasi, e dunque povere e senza frivolezze.

La prima che mi viene in mente e che è ancora in uso, anche da parte di qualche figlia, è il lesso ripassato.

Già dal nome si capisce che è un modo per rendere mangiabile qualcosa di avanzato ed infatti è così: la carne di manzo già sfruttata per fare il brodo (quello vero, non fatto col dado) si taglia a fette, si mette un po’ di buon olio in una padella con uno spicchio di aglio, quando è caldo si mettono le fette di bollito  e si toglie l’aglio.

Si girano le fette e poi si bagnano con un mestolo di brodo che si lascia asciugare piano piano. A noi pare buono, un piatto invernale con sapore d’antan e di semplicità.

 Ma c’era anche un primo piatto “ricco” che di solito veniva fatto per chi era stato poco bene e doveva riprendersi. Poteva essere un riso bollito o degli spaghetti o una minestra un po’ densa che venivano conditi con un uovo sbattuto con un bel pugno di parmigiano e una grattatina di noce moscata.

Profumato, sostanzioso e, di nuovo, semplice. Ma con un tocco di esotico in quella noce moscata.

 

Orgoglio di cuoco

Fra le tante  cose di cui fra poco dovremo dichiarare la scomparsa ci sono anche le trattorie.
Difficilmente si trova ormai questa dizione sulle insegne, ma soprattutto viene a mancare il concetto, l’essenza della trattoria, una  somma di cucina familiare, sapori tradizionali, qualche squallore, atmosfere calde e a volte qualche eccellenza.
Ne ricordo una  che valeva davvero la pena.
Il proprietario, cuoco e deus ex machina, era chiamato Tenenti.
L’ambiente era una saletta piccola,  semplice, pulitissima e austera, nel quartiere più popolare della città.
Il menù era fisso, ogni giorno della settimana un piatto particolare, a seconda della stagione.
E  d’inverno c’era il giorno del baccalà
Il suo baccalà era così famoso da essere quasi leggendario, se lo disputavano  i buongustai  e anche le persone più in vista della città e siccome i coperti erano pochi bisognava prenotarsi.
Ma c’era un particolare:  Tenenti non cucinava mai, mai, baccalà CON patate.
Per lui era una specie di bestemmia.
Tenenti non era soltanto un gran cuoco, era anche uno spirito libero, un carattere bizzoso e un uomo consapevole di sé e  orgoglioso  delle proprie capacità e questo spiega uno degli aneddoti che lo riguardano che divertì tutti.
Uno dei pezzi grossi dell’amministrazione  locale, un uomo potente e prepotente, prenotò una cena da Tenenti per sé e la sua compagnia facendo sapere che voleva, anzi pretendeva anche le patate.
Tenenti masticò amaro, ma sembrò sottomettersi.
La sera della cena portò in tavola il suo famoso baccalà  con patate… solo che le patate le aveva aggiunte al tegame, crude, un momento prima di portare in tavola.
Davanti alle proteste del boss Tenenti, tranquillo, sostenne che lui aveva servito, come richiesto, del baccalà con patate.
Tenenti era geloso dei propri segreti e non permetteva a nessuno, dicevano nemmeno a sua moglie, di conoscere i particolari delle sue ricette.
Io comunque, per vie traverse, ho ricevuto la ricetta di un’ altra delle sue specialità,  di sua invenzione:  la ricetta del POLLO PESCE, un pollo cucinato come se fosse in brodetto.
Un giorno forse la pubblicherò, a eterna gloria di un professionista di umili origini, ma competente e orgoglioso,  che sapeva difendere la propria dignità con spirito e faccia tosta.