Sono stata un’alunna disciplinata e diligente, non ho mai saltato una lezione forse anche perché ero in collegio, almeno questo mi ricordavo finché…. Sono tornata nel paese di montagna dove ho vissuto nei primi anni della mia infanzia e per fortuna quasi tutto quello che mi ricordavo c’è ancora. Anche il portone del convento dove ho frequentato la scuola materna che allora era “l’asilo” : è ancora lì, intatto, come era allora e come è nei miei ricordi e mentre lo guardavo… sono stata travolta dal ricordo di quella volta che di lì sono fuggita.
Succedeva che a me piaceva andare all’asilo ma spesso per pranzo c’era il minestrone… una brodaglia dal colore indefinibile, dal sapore per me sgradevole soprattutto per la presenza di pezzi di patata che non riuscivo a ingoiare.
Insomma non volevo più andare all’asilo perché non volevo mangiare quella zuppa e allora con mia madre facemmo un accordo: ogni mattina all’arrivo mamma avrebbe chiesto alle suore cosa c’era da mangiare e se ci fosse stato il famoso minestrone mi avrebbe riportata a casa. Erano convinte, mamma e le suore, che avrebbero potuto infinocchiarmi mettendomi davanti al fatto compiuto… Io invece avevo fatto quel patto sinceramente, ci avevo creduto ed ero decisa a rispettarlo così che la prima volta che vidi arrivare la pentola con il minestrone, intanto che nessuno badava a me, uscii dalla stanza, indossai la mia pelliccetta di coniglio e, aperto il portone, uscii e andai a casa.
Abitavamo abbastanza lontano dall’asilo, circa un chilometro che ero abituata a fare a piedi (allora i bambini trovavano naturale camminare!!!).
Quando arrivai a casa i miei restarono di sasso ma davanti alla mia spiegazione e cioè che siccome c’era quel minestrone io, secondo gli accordi, potevo tornare a casa non ebbero credo il coraggio di obiettare e non ricordo mi abbiano sgridata. Insomma fuga dall’asilo quando avevo intorno a 5 anni. Non ho cambiato idea sulle zuppe e minestroni: un odio che ancora dura come quello di Mafalda.