Giorgio mi ha sempre preso benevolmente in giro per la mia passione, come la definisce lui, di “dare del tu alle piante ma in latino”.
Mentre andavamo per prati e boschi, specie con Giulia, io cercavo di dare ad ogni pianta il suo nome; siamo arrivati a rivolgerci ad un albero chiedendogli “Che ti chiami?”.
Insomma una passione antica e anche non superficiale; filosofi, linguisti e psicologi hanno scritto fiumi di intelligenti considerazioni sull’importanza di “denominare” per capire e conoscere. Senza la parola, senza il nome la realtà si confonde e a volte svanisce.
Così mi sono iscritta a più di una pagina di quelle che si occupano di erbe e piante spontanee dove ogni giorno vengono pubblicate dagli iscritti al gruppo decine di foto di piante spontanee seguite dalla domanda:
“Sapete dirmi che pianta è?”
e fin qui tutto ovvio, tutto regolare… e allora?
Allora almeno circa l’80 % delle volte alla richiesta del nome segue la domanda
“si mangia?” oppure “come si usa?”.
Le risposte non si fanno attendere. Su alcuni gruppi subito arriva una risposta seria e documentata, qualche conferma e poi i commenti vengono chiusi: chapeau a chi si sobbarca il gran lavoro.
Ma nella maggior parte dei siti i commenti arrivano subito, a volte a centinaia, spesso contrastanti ferocemente fra loro: “è questo” “no è quell’altro” poi si uniscono le tifoserie, a volte anche decine di persone scrivono la stessa cosa (e anche l’altra)… decine!
Per il “si mangia?” accade lo stesso: da “fa bene alla salute” “buonissimo nelle insalate” a “velenosissimo”… a decine alternativamente anche loro.
Chissà se non sarebbe il caso di fare una indagine sulla mortalità percentuale fra gli iscritti a questo genere di pagine fb.
Tutto questo in qualche modo mi diverte, quello che invece mi fa arrabbiare e anche preoccupare è l’atteggiamento di rapina nei confronti del mondo naturale, in base al principio “se non ci posso fare niente che ci sta a fare?”
e anche “se non mi è utile non mi interessa”; il tutto però condito da dichiarazioni di amore per la NATURA, da prediche sull’importanza che deriva al nostro benessere dall’uso di elementi naturali e via di naturalismo ed ambientalismo fritto e rifritto.
Continuo a leggere e a volte azzardo commenti ironici e anche a volte sarcastici che vengono regolarmente ignorati.
Chiedo a chi ha letto pazientemente fino qui: secondo voi “che si chiama”, insomma ha un nome questo modo stralunato di guardare il mondo naturale di cui (straordinario!) facciamo parte anche noi?