pane a Bruxelles…

66460704_2996534560361678_7329017500534833152_o1978: andiamo a Bruxelles con Cia e Federica che sono state invitate dai  carissimi amici nostri compagni di infanzia, a trascorrere qualche settimana con la loro figlia coetanea.

Era il primo viaggio in aereo anche per me… una certa ansia che tuttavia dissimulavo per non far preoccupare le bambine.Il ricordo mi fa affiorare ogni volta un particolare buffo.

Avevo chiesto agli amici che cosa avrebbero desiderato che portassi loro per andare sul sicuro, senza cercare chissà quale regalo magari astruso. La risposta fu: “Pane, il pane di Martellini!”  “Come sarebbe: pane?”

“Si, non sai quanto ne abbiamo nostalgia, qui c’è di tutto, ma del pane casereccio non sono capaci…”

Insomma erano seri e sinceri e allora vado dal fornaio che poi è storico, una vera istituzione qui: un panificio le cui origini risalgono alla fine dell’800. Gente che lo sapeva fare il mestiere e lo sa fare ancora, con le generazioni successive.

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Assieme a due magnifici filoni di pane casereccio da un chilo l’uno, già che c’ero,  mi feci dare anche un bel sacchetto dei loro mitici biscotti da colazione: dei grossi rettangoli tagliati in modo un po’ naif che si inzuppano nel cappuccino, ma senza spappolarsi… e un sentore lieve di anice: per uno di noi jesini una vera tradizione.

E con questo bottino prezioso, fatto di abilità di fornaio e anche di nostalgia di casa, chiuso nella sacca a mano mi sono imbarcata con un po’ di preoccupazione. Continuavo a immaginarmi la scena: dogana di Bruxelles (c’erano ancora), il funzionario che mi fa aprire la sacca e io che tiro fuori filoni di pane e biscotti di casa… La solita figura del meridionale con formaggio e salame nella valigia… tremavo all’idea.

Passammo dritti, nessuno chiese niente e dopo fu una vera festa: avevamo portato delle cose che desideravano davvero: un po’ di aria e di sapore di casa.