c’era una volta una ragazza che si chiamava Luisa…

Sembra una favola. La favola di Zia Luisa (anzi Luigia che era il suo vero nome)
La guerra era finita da poco o forse eravamo nel periodo in cui l’Italia era divisa fra un Nord ancora sotto i tedeschi ed un Sud già “liberato”.
treno MilanoDunque: zia Luisa viveva a S.Mauro, dove era la casa del marito Giovanni che però era militare, prigioniero in Jugoslavia (a Budua,  sul Cattaro dove lo aiutarono degli slavi che solo trent’anni dopo riuscì a rivedere.. un’altra storia…)

La fame era tanta perché non c’era lavoro e Luisa aveva anche la responsabilità dei genitori di Giovanni e della sorella..
Lei era piena di voglia di fare e soprattutto era abituata a non arrendersi del resto già da bambina era andata a lavorare come garzona (cioè tutto fare poco pagata ) da una fruttivendola che aveva una botteguccia sulle scalinate che portano dalla Piazza alla Collegiata (cioè la chiesa principale) di Santarcangelo.
Era una vita dura per una bambinetta come era a quel tempo, ma la zia l’ha sempre raccontato come un periodo felice;  il lavoro le piaceva, soprattutto darsi da fare per farsi apprezzare dalla gente la rendeva orgogliosa di sé. Insomma vendere era il suo mestiere, ma in quel durissimo dopoguerra non c’era niente da vendere, anzi – come me lo raccontava lei – nel riminese ci sarebbe anche stato il modo di trovare della merce, ma nessuno aveva i soldi per comperare e nemmeno altre merci da scambiare.
Un giorno (diceva proprio così, come nelle favole) si venne a sapere che giù, nelle Marche, era possibile fare qualche affare, c’era disponibilità di denaro.
Era difficile crederlo, ma in effetti il bisogno era tale che il rischio non riusciva a spaventare, specie un carattere forte come quello di Luisa.
Aveva un’amica a S.Mauro, la Guerrina, anche lei col marito disperso in guerra, che non si sapeva se vivo o morto e anche lei senza niente da mangiare.
Si fecero coraggio e andarono da un conoscente che aveva un ingrosso di panni a Rimini, un certo Conti e si fecero dare a credito qualche pezzo di stoffa, qualche lenzuolo… poche cose con la promessa di pagare appena – e se – fossero riuscite a vendere. Avranno anche firmato delle cambiali,  non so bene, certo hanno fatto un grosso azzardo ad indebitarsi tanto, ma l’azzardo più grosso lo fecero poi, quando con il loro carico prezioso infilato in una valigia di fibra (il cartone pressato che allora stava in luogo del cuoio) presero un carro merci che andava a sud.
F.Patellani Il viaggio era stato fortunoso ma per Luisa e la sua compagna, nonostante la preoccupazione era comunque una esperienza straordinaria, fino ad allora erano andate da Santarcangelo a S. Mauro a Rimini, 20 chilometri in tutto!
Scesero ad Ancona, la stazione dava sul porto semidistrutto dai bombardamenti e anche la città era un ammasso di macerie.porta portese 1

Raccontava zia Luisa che, piene di paura e di imbarazzo, posarono la loro valigia aperta, con le stoffe in vista,  sul marciapiede di una stradina dietro Piazza Roma …. Raccontava:
La gente che passava si fermava e guardava,  in silenzio.
Dopo pochi minuti si era formato un cerchio di persone che, in silenzio, ci guardavano e guardavano la nostra roba lì per terra… nessuno parlava…
Ho avuto paura. Anche la Guerrina mi guardava con gli occhi smarriti…
Ecco, adesso ci saltano addosso, ci portano via tutto, povere noi cosa abbiamo fatto!!
Poi la gente ha cominciato a parlare, a domandare da dove venivamo, quanto costava….
Noi avevamo paura, ma anche loro erano in difficoltà perché erano anni ormai che non si vedeva una bancarella o un mercato da queste parti ed erano ammutoliti, in fondo, per la sorpresa.

Alla sera  erano tornate a casa avendo venduto tutto, con i soldi per pagare il debito e un buon gruzzolo di guadagno.
Anzi: uno dei clienti aveva fatto a Luisa  e alla sua socia una proposta.
Perché non tornavano giù con dell’altra roba e, invece di fermarsi ad Ancona, non arrivavano fino ad una cittadina poco lontana, dove lui era sicuro di poterle aiutare a fare bene, a vendere tutto con un buon guadagno.

Il viaggio di ritorno fu allegrissimo, ma poi cominciarono a ragionare sulla cosa, Luisa voleva provare a tornare, la sua socia era molto perplessa..
In effetti non so i particolari, ma Luisa riprese la strada delle Marche, arrivò a Jesi dove le cose stavano proprio come aveva detto quel tizio: la gente aveva qualche soldo perché in fondo lì il  lavoro c’era e la campagna produceva nonostante la guerra, il fronte non aveva fatto grossi danni e la gente da anni ormai non aveva stoffe  da comprare.
Tornavano ogni volta dal Signor Conti a fare scorta e pagavano ormai col cuore più leggero, vedevano una prospettiva.

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Luisa si rese presto conto che  bisognava prendere una decisione, non si poteva fare le pendolari  in eterno per distanze così lunghe e in tempo di trasporti tanto precari. Cercò di convincere Guerrina a trasferirsi nella cittadina marchigiana e mettersi a girare i paesini attorno, fare i mercati, con un banco di tessuti. Guerrina aveva paura, non se la sentiva di lasciare il suo paese, i parenti,…e allora si separarono.

Luisa si sistemò in una stanza in subaffitto in cima a un palazzo buio e vecchio nel centro storico della cittadina nei pressi di Ancona (ho un ricordo vago del terrazzino dal quale mi affacciavo bambina  venuta a trovare la zia e vedevo un cortilino lungo lungo,  stretto e grigio) cominciò a girare i mercati.

Ebbe subito un gran successo perché la sua parlata romagnola, la sua simpatia, la sua comunicativa erano irresistibili per i marchigiani, naturalmente ritrosi e introversi.
E assieme alla simpatia la aiutava la furbizia innata (del resto la sua mamma aveva per soprannome “la faina”!) e una gran voglia di lavorare purché non si trattasse dei lavori domestici che odiava.
Non c’erano i mezzi e lei si procurava e pagava il passaggio sui camion che portavano parecchi ambulanti con le loro merci  caricati sul cassone all’aperto.

Freddo e fatica a stufo… ma col ritorno del marito, l’acquisto di un camioncino residuato bellico… la ripresa economica… aprì finalmente un negozio sul Corso, diventò una “signora” e benché – o forse proprio perché  – aveva conosciuto la miseria e la fame si godeva i lussi che si poteva permettere.

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Si comprò negozi, case, terreni, gioielli, pellicce, soprammobili pacchiani e costosi….
Andava alla stagione lirica a Verona facendosi portare dal suo amico tassista, a cui pagava albergo e teatro.. dicendo a casa che ci andava in treno!
Per decenni continuò, anche quando ormai la sua clientela richiedeva merce raffinata che doveva procurarsi altrove, a fornirsi dal famoso Signor Conti di Rimini perché non dimenticava mai chi l’aveva aiutata quando non aveva niente e le aveva dato fiducia.
La Guerrina mise su un negozio a S.Mauro.. non si spostò mai e non fece mai molta fortuna, non c’era tagliata.

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NB: le foto sono prese dal web fra quelle che più mi sono sembrate adatte al mio racconto. Grazie al web…

Quel sovversivo del mio babbo

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Fra le tante passioni  ho anche quella per le storie locali, quelle  che cronisti sconosciuti scrivono su luoghi che in fondo non importano molto a nessuno tranne a quelli  di lì (e neanche a tutti ).
Così nel paese di origine della mia famiglia,  Santarcangelo di Romagna, ho comprato un libro sulla vita fra fascismo e antifascismo “La notte delle bandierine rosse” di Gianni Fuzzi e Serino Baldazzi”  ed. in proprio e  ho scoperto che oltre ad un nonno anarchico (cosa che sapevo già)  ho avuto anche un babbo sovversivo. Buon sangue….
“Durante il 1932 l’antifascismo manifesta una certa vitalità. Agli inizi dell’anno i santarcangiolesi hanno la sorpresa di vedere il monumento ai Caduti  addobbato con piccole bandierine  di carta velina rossa. Dell’impresa vengono accusati  i minori Costa Stefanini , Riccardo Gobbi, Sante Morelli e Oberdan  Paolini i quali l’8 gennaio vengono sottoposti a custodia cautelare”
Insomma vengono messi in galera!
Fra loro c’è il  mio babbo. Naturalmente la cosa mi ha colpito molto e mi sono rivolta al Comune del paese romagnolo per avere notizie .
I funzionari,  con una cortesia e una solerzia che davvero va segnalata ad esempio, hanno trovato e mi hanno  inviato il verbale dell’arresto di mio babbo e i suoi amici.
Minorenni, avevano 17 anni quando si era maggiorenni a 21, vengono arrestati e tenuti in galera per alcuni giorni per avere appeso dei festoni con bandierine rosse al monumento ai caduti della prima guerra mondiale.
Il loro nome è scritto nel registro dei PREGIUDICATI, OZIOSI, VAGABONDI, PERSONE SOSPETTE.
Certo una idea dei delinquenti che mette paura!!!!
E assomiglia stranamente a dichiarazioni ben più recenti…
Chi li ha denunciati si ricrede, poi conferma, poi smentisce.. ” non può o non vuole” spaventato e incerto,  benché sia un  fascista come si dichiara a mo’ di qualifica.
Davvero erano tempi oscuri, altroché il fascismo dal volto bonario di cui si racconta.
A me questo babbo ragazzo che non potendo forse osare di più almeno fa un gesto di sfregio, sfotte il potere e la sua prosopopea mi sta simpatico,.
Non un eroe, ma un ragazzo qualunque che con l’incoscienza dei suoi pochi anni voleva affermare il suo diritto ad un gesto di sfida ai prepotenti.

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