Il figlio di una mia amica le ha chiesto come mai la nonna ha il telefono legato al muro….
Segno dei tempi certo, ma a me ha fatto venire in mente che in fondo io potrei riassumere la storia della telefonia. Ho vissuto una infanzia e una adolescenza in piccoli paesi del centro Italia in cui il telefono era ancora un po’ un miracolo, c’era un ufficio apposito, con la telefonista che riceveva le chiamate su appuntamento: per esempio da Torino dove faceva il militare chiamava il figlio della signora Giulia, la signorina della TIMO mandava a chiamare la signora Giulia e quando questa era nell’ufficio del telefono si aspettava la nuova chiamata che metteva finalmente in contatto madre e figlio.
Oppure il signor Pinco voleva mettersi in contatto col signor Pallo e allora andava nell’ufficio telefonico, chiedeva per una certa ora di essere messo in contatto e a quell’ora si presentava lì e parlava.
Tutto questo faceva sì che l’ufficio del telefono nei piccoli paesi fosse un luogo di ritrovo, con abbondanti sedie per chi aspettava la comunicazione, e a dire la verità anche per tutti gli sfaccendati dei dintorni. Un luogo piacevole, riscaldato in inverno e soprattutto a contatto diretto con tutte le notizie più succose e con i pettegolezzi (che si chiamavano e si chiamano così, non gossip!)
Ho conosciuto e usato persino il telefono che si vede nei film degli anni ’30, quello in cui si chiama il centralino, risponde una centralinista, si dice il numero che si vuole e la centralinista inserisce una spina e via.. Succedeva nella fabbrica dove ho lavorato giovanissima, che si trovava in una zona rurale, non ancora collegata direttamente con la rete telefonica: quante chiacchiere fra centraliniste ho ascoltato mentre mi facevano aspettare in linea!
E fu una conquista l’arrivo del telefono diretto, sul lavoro e soprattutto a casa, con un numero duplex come si chiamava e cioè avevo la linea in comune con un vicino di casa, ognuno di noi due aveva un numero suo, ma siccome c’era una sola linea pagavamo di meno ma se uno era al telefono quell’altro era tagliato fuori e doveva aspettare di avere la linea libera.
Ben presto il duplex sparì, ma la cosa straordinaria è che il mio numero é rimasto lo stesso da allora, nonostante gli anni passati e i traslochi: ho il numero di quattro cifre, come il prefisso.
Se volevi un po’ di riservatezza andavi al telefono pubblico per strada, a gettoni.. poi diventato a schede e poi… sparito
Poi i cambiamenti sono stati soprattutto esteriori, dall’apparecchio a disco a quello a tasti, ma ho conservato l’apparecchio a disco attraverso il quale abbiamo parlato, saputo, detto, chiacchierato, pianto e riso per almeno trent’anni, mi pare un membro della famiglia.
Poi il telefono si é liberato del filo, non é più prigioniero, é diventato cordless.
Credo sia per il fatto di aver conosciuto questo lungo cammino e aver potuto pesare l’importanza del potersi parlare da lontano credo insomma che sia per questo che guardo con sospetto questo cosino che ho in tasca,il mio cellulare che prevede cosa potrei voler scrivere, che contiene persino un vocabolario complesso e ricco (che a volte però non sa i congiuntivi) che sa fare un sacco di cose molte delle quali non voglio nemmeno sapere.
E a sua volta ha una sua storia che in gran parte ho conosciuto e usato..
Guardo il mio cellulare che non é nemmeno di quelli alla moda, ma manda messaggi, fa foto e le spedisce, registra e spedisce suoni e filmati, conta i minuti, mi sveglia, mi ricorda gli appuntamenti, cronometra, mi dice che ore sono e che giorno é, ha la radio, se voglio mi conserva e trasmette musica, ha dei giochini per passare il tempo…
Ah, giusto, telefona persino!