autoritratto senza di me

Domo io copia

Può non sembrare ma questa foto, per me, è un selfie, anzi per dirlo bene è l’autoritratto di me trenta ( e poco più ) anni fa.
È l’immagine dei meravigliosi pomeriggi estivi, lenti e lunghi, vissuti in perfetta tranquillità: io in casa e le bambine fuori a giocare.
Nella casa  di Domo, estremamente sobria, questo era il salotto:  il tavolino di bambù recuperato in cantina con sopra la tazzina del caffè, dei libri, due vasi vinti alla pesca di beneficenza (gli unici oggetti non indispensabili presenti in questa casa tanto austera).
E ancora: qualche ramo raccolto nell’ultima camminata, sulla parete il manifesto del Sillabario n°1, una radice bella, lo scolapasta di giunco fatto dal cestaio mio vicino, il vecchio lavabo con la frutta sotto il tovagliolo.
E poi la sdraio dalla quale, lasciando il libro aperto, mi sono appena alzata, colpita dalla bellezza del momento, per fotografarmi per sempre lì, per poter continuare ogni volta che guardo questa foto a sentirmi immersa in quella solitudine serena.
Quello che non si vede è ciò che si vedeva dalla finestra, rivolta a ovest: solo il bosco e a chiudere l’orizzonte il profilo del casalingo modesto monte Murano (solo 800 mt !) dietro al quale il sole sarebbe poi tramontato.
Un’ altra cosa che non si vede è il paese e la gente che lo abitava: bastava fare qualche passo e aprire la porta per essere sulla piazza.
Insomma una solitudine che si poteva scegliere, godere e anche lasciare: una grande libertà.